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TIZIANO VECELLIO


tiziano deposizione di Cristo
Deposizione di Cristo nel sepolcro

tiziano Flora
Flora - 1517

tiziano Flora
Ritratto di Carlo V con il cane - 1533

tiziano danae
Danae

tiziano Ritratto di Paolo III
Ritratto di Paolo III senza camauro, 1543

tiziano Venere e Adone
Venere e Adone

tiziano autoritratto
Autoritratto

Tiziano Vecellio Nacque a Pieve di Cadore, intorno al 1490, in un'antica famiglia di notabili. Fu un uomo estroverso ed un artista instancabile. Visse più di 80 anni, un'età molto longeva per quell'epoca ed ebbe una carriera trionfale.
Ancora molto giovane, lascia il paese nativo e si trasferisce con il fratello maggiore a Venezia per avere un'istruzione adeguata. I sui primi maestri furono Gentile e Giovanni Bellini.
Tra il 1508 e il 1509, lavora a fianco del grande pittore Giorgione da Castelfranco, nella realizzazione del Fondaco dei Tedeschi ed al suo fianco, in breve tempo, si impadronisce delle tecniche pittoriche, riuscendo a farsi strada, agevolato anche dalla morte del suo maestro.

Nel 1510 era già molto conosciuto, i suoi committenti erano affascinati dalle sue opere profane, dall'energia dei suoi ritratti, dallo spavaldo uso dei colori e del movimento delle figure ed in pochi anni viene riconosciuto come il Maestro assoluto.

Riceve commissioni importanti, quali la Pala di san Marco e di Santa Maria della Salute. Nel 1511 affresca la Scuola del Santo a Padova. Nel 1553, ottiene dal Consiglio dei Dieci una rendita, destinata ai pittori migliori e diventa pittore ufficiale della Repubblica di Venezia. In quegli anni, la sua attività è molto intensa e realizza parecchie opere per la nobiltà contemporanea.
Nelle opere San Marco in trono fra i Santi Cosma, Damiano, Rocco e Sebastiano, Miracoli di Sant'Antonio, l'artista si esprime con una grande vitalità e una vivacità di colori che insieme al contrasto delle figure, sublimano la sua arte e sottolineano la provvisorietà della vita.

Nel 1518 per Alfonso I d'Este realizza la decorazione del camerino d'alabastro, dove l'artista dipinge Offerta a Venere, il Baccanale e il Trionfo di Bacco e Arianna, con soggetti mitologici e pose classicheggianti, ma con una sensualità di forme e colori brillanti tipici dello stile veneziano.

Tra il 1519 e il 1526 dipinge la Pala Pesaro per i Frati e il Polittico Averoldi per la chiesa dei Santi Nazaro e Celso a Brescia.

Nel 1525 sposa una giovane, Cecilia Soldani, dalla quale aveva già avuto due figli, Pomponio e Orazio. Successivamente però la donna muore dopo il parto della terza figlia Lavinia.
Tiziano, affranto dal dolore, rimase molto turbato e smise di lavorare per qualche mese, ma dopo si dedicò ai figli. Il primo dei quali, sarà avviato alla carriera ecclesiastica, ma senza successo e sarà sempre il suo cruccio, il secondo, Orazio diverrà suo collaboratore, la figlia, che lui amava molto, morirà di parto.

Dopo il 1527 diventa amico di Pietro Aretino e Jacopo Sansovino, che ne tessono le lodi e lo aiutano ad essere considerato come il più celebre pittore del tempo. La sua opera viene richiesta da tutte le corti italiane. Lavora per i Gonzaga di Mantova e per i duchi di Urbino. Qui dipinge la splendida Venere di Urbino. Nel 1542 viene chiamato dal papa Paolo III e con la famiglia si trasferisce a Roma, dove rimane fino al 1546.
I suoi ritratti sono ormai famosi e nel 1530 ritrae Carlo V durante la sua incoronazione. L'imperatore e il figlio Filippo II, futuro re di Spagna, ne fanno il loro pittore prediletto. Tiziano lavora per anni al servizio della famiglia asburgica. Si narra addirittura che il grande Carlo V, si chinasse a raccogliere i pennelli caduti di mano al Maestro. Tiziano realizza per lui e la sua famiglia numerose opere e ritratti, tra i quali il Carlo V a Cavallo, dove è palese il richiamo classico del Marco Aurelio a cavallo.

Oltre ai ritratti, il pittore realizza un grande numero di autoritratti, che non essendo questi commissionati, vengono dipinti solo per soddisfare il proprio impulso e la libertà artistica.

L'artista, ormai è famoso per le sue opere a soggetto religioso e profano, ma anche per i ritratti ed è il più richiesto. Il fondo scuro, già usato nel Quattrocento viene rafforzato e diventa la caratteristica che lo distingue. Egli usa nelle sue opere, con grande efficacia, il colore denso e rappresenta in modo straordinario le caratteristiche psicologiche di soggetti. Ritrae con grande cura l'abbigliamento (velluti, broccati, gioielli, armature) ed immortala re, principi, papi, cardinali e generali in variegate pose. Il fine è quello di rappresentare il potere incarnato in una persona, con un risultato incredibilmente vero e reale.

Nel 1545 Tiziano compie un viaggio in Italia centrale. A Roma, ospite del papa Paolo III Farnese e di suo nipote, il cardinale Alessandro Farnese, incontra Michelangelo. L'artista veneto sta lavorando sulla Danae e Michelangelo esprime il suo apprezzamento per i colori di Tiziano, ma ne critica il disegno. In questa bellissima opera, raffigura la donna nuda che aspetta tranquilla Giove, che in forma di pioggia d'oro la feconderà. Una celebrazione della bellezza della donna, scevra da pregiudizi religiosi e definita dallo stesso autore, una vera poesia.

La pittura di Tiziano era molto evoluta. Il Vasari scrive che le sue opere sono "condotte di colpi, tirate via di grosso e con macchie, di maniera che dapresso non si possono vedere, e di lontano appaiono perfette".  Il maestro abbozzava la tela con una grande quantità di colore, e riprendeva il quadro anche dopo diversi mesi e lo perfezionava, aggiustando in tutte le parti che riteneva necessario. Amava anche dipingere e distribuire il colore, anche con le dita. Come Michelangelo, trattò i suoi dipinti come sculture. I due, furono uno perfetto maestro del disegno e l'altro il maestro perfetto del colore, e sebbene le loro personali polemiche, forse furono artisticamente, meno distanti di quanto loro stessi pensassero.

Nel 1548 dipinge la tela Venere, Amore e organista. Nel 1554 realizza una nuova versione della Danae e successivamente ne fece anche altre. Nell'ultimo periodo, dipinse spesso, assieme ai suoi aiutanti, nuove versioni dei suoi dipinti di maggior successo,  per accontentare le richieste dei committenti.

Tiziano Vecellio muore il 27 agosto del 1576, mentre infuria la peste, lasciando incompiuta l'opera che avrebbe desiderato venisse posta sulla sua tomba, la Pietà.