L'angolo dell'ARTE | Alfredo Ossino |
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CARLENTINICarlentini è una cittadina, che fa parte della Zona nord della Provincia di Siracusa, dalla quale dista 44 Km. Il capoluogo di provincia più vicino è pero la citta di Catania dalla quale dista circa 30 km. Il comune ha due frazioni: Carlentini Nord nota come "Santuzzi" e Pedagaggi, denominata "Porta degli Iblei" poichè¨ si trova nell'estrema punta nord di questi monti. Il centro storico della cittadina, si estende sul colle Meta, una terrazza naturale a circa 200 metri sul livello del mare. Da questo colle ed in particolare dalla villa comunale, (Villa Belvedere), si domina la piana di Catania e si può ammirare un paesaggio incantevole. Il territorio del Comune di Carlentini, ha una superficie di oltre 158,00 Kmq.. Confina con i comuni di: Augusta, Melilli, Sortino, Ferla, Buccheri, Francofonte, Lentini e Catania. Comprende oltre alla zona montana (Monte S. Venera e Monte Pancali) anche una fetta di territorio a mare in contrada Corridore del Pero a nord della foce del fiume San Leonardo. Sulla strada Provinciale Carlentini - Sortino, a circa km 8 dal centro abitato di Carlentini, in contrada Tummerello, si trova il Borgo Rurale "Angelo Rizza", costruito nel 1939 (più volte ristrutturato, ma mai utilizzato in modo concreto e stabile). |
Resti del villaggio neolitico di Meta piccola Resti del villaggio di Meta piccola Resti del villaggio neolitico di Meta piccola STORIA ED ORIGINI DI CARLENTINII primi insediamenti nel territorio a nord di Siracusa risalgono all'età del Bronzo (3500 / 1200 A. C.). Le popolazioni neolitiche, alla ricerca di un rifugio, in particolare, scoprirono le cavità rocciose, che le propaggini della parte nord-ovest dei monti Iblei offrivano e quindi si insediarono in questi rifugi naturali, che per le popolazioni di allora, dovevano essere anche confortevoli. In questi luoghi ed in particolare sulla collina dove adesso sorge Carlentini ed in quelle circostanti, vissero per molti anni. Verso la fine dell'età del bronzo e l'inizio dell'età del ferro, intorno all'anno 1200 A. C., i Siculi, che probabilmente venivano dalla penisola Italica, arrivarono nella Sicilia orientale e vi si insediarono. La zona a nord di Siracusa, per le sue caratteristiche geofisiche fu una delle mete prescelte e qui cominciarono a costruire i loro villaggi. Alcuni ritrovamenti, in queste zone, confermano l'autenticità di queste ipotesi storiche. Negli anni 50, durante gli scavi nell'area archeologica di Leontinoi, nelle vicinanze, furono trovati reperti risalenti a quell'epoca e i resti di alcune capanne rettangolari, con le basi incastrate nel terreno roccioso. Nella collina, che oggi viene chiamata Meta Piccola (sud-ovest dell'attuale centro abitato di Carlentini), che sovrasta la zona archeologica di Leontinoi, sono tuttora visibili, i resti di uno di questi villaggi, con i resti di 5 capanne e uno spazio al centro. Probabilmente, quello in cui si sviluppò uno dei primi insediamenti abitativi della zona, intorno al X secolo a.C.. Da quanto è emerso dagli scavi, le capanne avevano il basamento incassato nella roccia calcarea. Ci sono i fori, in cui venivano conficcati i pali in legno, che sostenevano il tetto, che probabilmente doveva essere spiovente. L'ingresso delle capanne era sul lato più corto e davanti sembra ci fosse un piccolo portico. La tipologia di queste capanne e anche i reperti e le suppellettili trovate (focolai, vasellame dipinto, vasi, anfore e giare), confermano l'ipotesi che i Siculi provenissero dalla penisola Italica. Infatti, analoghi reperti, molto simili sono stati rinvenuti nei luoghi di origine. Capanne simili, sono state trovate nel colle Palatino a Roma. Alcuni storici, hanno identificato questo sito, con la mitica Xouthia, fondata da Xouthos e da uno dei popoli italici, che si stanziarono in queste zone agli inizi dell'età del ferro. Riscontri di questa ipotesi, inoltre si trovano negli scritti di Diodoro Siculo. Permangono però molti dubbi su questa identificazione, sopratutto per il fatto che questo villaggio è molto piccolo, mentre Xouthia avrebbe dovuto essere una città molto più grande. Sul colle Metapiccola, si trovano anche i resti di un antico tempio e le pendici del colle sono richhe di tombe risalenti a epoche diverse. Dopo l'arrivo dei Siculi, le popolazioni indigene, cercarono di mantenere con loro rapporti pacifici, e continuarono a vivere nelle zone vicine ed in particolare sulle colline circostanti. In questi luoghi, infatti, sono stati trovati altri reperti archeologici, tipici, caratteristici di quella civiltà: tombe a forno, bronzo, ceramica, decorazioni a stecco, vasi a calice, vasi con decorazione geometrica e con una tecnica decorativa di scarsa fattura e qualità (infatti le decorazioni di questi reperti, tendono a scomparire più o meno facilmente, con l'usura del tempo). Il sito e la zona circostante, continuarono ad essere abitati per molto tempo. A riscontro di questo, infatti, nell'area, sono stati rinvenuti anche altri reperti, risalenti ad un periodo successivo. In particolare cadaveri distesi (non rannicchiati), oggetti in bronzo, asce o scalpelli di ferro, tombe rettangolari, vasi proto ellenici siculi, suppellettili varie ed altri reperti. Non ci sono stati invece ritrovamenti archeologici sul colle Metagrande, ove attualmente sorge Carlentini o quantomeno non se ne ha notizia. Sembra strano infatti che il colle maggiore, costituito da un vasto altipiano ed in posizione privilegiata rispetto a metapiccola, e con vista sulla piana di Catania, non fosse stato abitato, ma probabilmente all'atto della costruzione di Carlentini, furono fatti imponenti sbancamenti ed eventuali reperti furono sepolti sotto il nuovo centro abitato. Ovviamente in quel periodo non si aveva la necessaria sensibilità verso questi reperti e la costruzione della nuova città fortezza era l'obiettivo prioritario e che non doveva in alcun modo subire rallentamenti |
LEONTINOILeontinoi Leontinoi Tombe piramidali Leontinoi Porta Siracusa Leontinoi Resti dell'Agorà Leontinoi - Fornace Nel VIII secolo A.C. i Greci (Ioni e Dori), cercarono nuovi territori per espandersi, e colonizzarono la parte meridionale della penisola italica, fondando quella che divenne La Magna Grecia. Nel giro di pochi decenni fondarono numerose colonie in Sicilia: Siracusa, Agrigento, Nasso, Zancle, Selinunte, Gela, Megara, Catania, ecc.. Con questa colonizzazione, diffusero la loro grande cultura e civilizzarono le popolazioni indigene. L'isola offriva inoltre grandi risorse naturali e questo permise un rapido sviluppo economico della Sicilia e questa civiltà si espanse verso l'interno. In questo contesto, sbarcarono anche nelle coste della Sicilia orientale per stabilirvisi. Qui, trovarono i Siculi, che combatterono e sottomisero. In seguito, si insediarono nella zona e crearono nuove città, tra cui Megara Hyblea, vicino Augusta e Leontinoi, nella Valle a sud-ovest di Carlentini, che oggi è conosciuta come Valle San Mauro. La vallata è situata, fra due colline parallele, la Meta piccola e il Colle S. Mauro. La fondazione di Leontinoi, fu opera di un gruppo di Calcidesi, provenienti da Naxos, che si erano staccati dal loro nucleo originale e si fa risalire dal 728 a.c. al 751 a.c. Nella nostra zona, I Siculi sconfitti abbandonarono il loro insediamento originario (Meta Piccola) e si stabilirono nel vicino Colle Meta, dove oggi sorge l'attuale Carlentini. Qui crearono probabilmente un piccolo villaggio. Negli anni successivi, per qualche tempo si allearono con Siracusa (che era rivale di Leontinoi), ma successivamente si amalgamarono con gli abitanti di (Leontinoi) e convissero con i nuovi vicini. Le due culture, quindi si influenzarono a vicenda, come storicamente succede sempre in questi casi. Leontinoi, si estende in territorio di Carlentini, (adiacente al centro abitato, nella parte ad ovest) ed in parte su quello di Lentini. L'antica Leontinoi, anche se, a differenza di altre città greche, non era situata sulla costa, fu lo stesso, una città importante dell'epoca e spesso rivaleggio con la potente Siracusa per il dominio del territorio. Ancora oggi, anche se non molto curati, si possono ammirare i resti della città antica, risalenti dal secolo VII al secolo III a.C.. Nell'area circostante, vi sono inoltre altri ritrovamenti e le necropoli meridionale e settentrionale. La città si estendeva sul colle Metapiccola e sul colle San Mauro ed occupava anche la valle che sta nel mezzo. Gli accessi principali erano due. La porta a nord, rivolta verso i campi leontini e la porta meridionale, che era rivolta verso Siracusa. Nella parte sud-est del sito, si vedono i resti di una parete, che circondano uno spiazzo triangolare, sono i resti della "Porta Siracusana", così chiamata perchè era rivolta in direzione di Siracusa, che per lunghi anni fu rivale di Leontinoi. La porta era stata progettata con una forma particolare, detta "a tenaglia", che consentiva una maggiore efficacia difensiva nei confronti di eventuali aggressori. Vicino all'attuale ingresso del parco archeologico, si trovano alcune tombe terranee con copertura a gradoni chiamate "Epitimbie" ed i resti delle fortificazioni del lato sud della città. Nel lato nord della valle, raggiungibile dalla parte sud del centro abitato di Lentini, si trovano invece i resti della porta nord di Leontinoi. L'Acropoli della città, si trovava sulla vetta del Colle San Mauro. Al centro delle rovine c'è una strada, che doveva essere la principale arteria urbana della città. Nelle vicinanze vi sono i resti di altri edifici e di una vecchia fornace. Al centro del sito archeologico vi è un grande spiazzale circolare che presumibilmente fungeva da "Agorà". Secondo alcuni studiosi, nelle vicinanze del Colle San Mauro, ci dovrebbero essere anche le rovine di un antico Teatro Greco, che però non sono ancora state rinvenute. Questo teatro, secondo questi studiosi, non dovrebbe avere la classica forma semicircolare, che siamo abituati a vedere nei teatri greci, ma sembra debba essere di tipo lineare, anche perchè la conformazione geofisica dei luoghi non si prestava alla costruzione di un teatro dalla classica forma, abitualmente usata dai Greci. |
L'EPOCA ROMANACasa dello Scirocco L'isola subì, un periodo di sfruttamento e di rivolte, ma tuttavia prosperò molto e divenne importante, perchè era considerata il granaio di Roma, e godette della cittadinanza Romana. Nella tarda età imperiale, vennero eretti i teatri romani di Catania, e Taormina e ville come quella di Piazza Armerina. Furono inoltre costruite le strade, create per scopi militari, ma che vennero usate anche per il commercio. I Romani, influenzarono anche le coltivazioni, piantarono infatti viti, ulivi e fichi. Non ci sono particolari ritrovamenti o notizie degne di nota, risalenti a quel periodo, ma la zona dove attualmente sorge Carlentini, continuò ad essere abitata. Una delle testimonianza del periodo di dominazione romana nella zona, è la "Casa dello Scirocco" in Contrada Piscitello, a nord di Carlentini. Si tratta di un'antica casa romana edificata all'interno di una grotta preistorica. Questa casa è un esempio antichissimo di casa biotermica. La sua particolarità, sta nel fatto che al suo interno c'è una canalizzazione capace di far entrare all'interno della casa l'aria calda estiva creata dal vento (scirocco) e rinfrescarla con un metodo ingegnoso di circolazione dell'acqua e ridistribuirla all'interno, creando così anche in estate un ambiente fresco e ventilato. |
CARLENTINI - I BIZANTINI - GROTTE E CHIESE RUPESTRIGrotta della solitudine - Affreschi Chiesa del Crocifisso - Cristo Pantocratore Grotta del crocifisso - S.Benedetto e S.Mauro Grotta del crocifisso -Affreschi Interno della grotta rupestre di S. Mauro Grotta del Crocifisso Chiesa rupestre del Crocifisso Chiesa del Crocifisso - Crocifissione Chiesa del Crocifisso - Ossario Chiesa di S. Giusto volta ed affreschi Chiesa di S. Giusto interno Chiesa di S. Giusto Chiesa di S. Giusto affreschi I bizantini dominarono la Sicilia per circa 3 secoli ed hanno lasciato nell'isola molte altre testimonianze della loro cultura e della loro arte. Alcune testimonianze di quell'epoca, sono nel nostro territorio. Sui due versanti del colle S.Mauro, ci sono diverse grotte, che ci portano a pensare che il luogo sia stato abitato, anche in epoche diverse e con successivi cambi di destinazione. Questi insediamenti rupestri, non hanno soluzioni di continuità, sono scavati lungo le pareti scoscese e conservano testimonianze preziose. Queste cavità; naturali, esistenti sin dalla preistoria, furono ampliate e usate come abitazioni e luoghi di culto. Vi sono ancora oggi, alcune grotte e Oratori rupestri posti nei rilievi attorno alla città ed in particolare lungo la stradina che dal sito archeologico di Leontinoi attraversa verso nord la Cava di San Mauro. Le grotte, si trovano lungo la stessa terrazza e all'interno, contengono importanti chiese rupestri. Molte altre grotte, si trovano nella zone e nei colli circostanti. Molti di questi affreschi, però, sono di epoca Normanna, anche se lo stile è Binzantino. I Normanni, che sostanzialmente erano barbari, sicuramente, si avvalsero della manodopera degli artisti provenienti da Bisanzio. Nella valle S. Mauro, partendo dalla zona archeologica, la prima grotta che si incontra è quella della Solitudine. La grotta si trova all'interno di un giardino di agrumi di proprietà privata e contiene affreschi, sia all'interno che nella parte davanti all'ingresso. Purtroppo si trova in uno stato di completo abbandono e piena di rifiuti di ogni tipo. I due ingressi della Chiesa del crocifisso Pianta della chiesa del Crocifisso La Chiesa rupestre del Crocifisso, si può considerare tra le grotte rupestri più importanti della Sicilia. In essa, si trovano le testimonianze di almeno cinque fasi pittoriche di periodi diversi, a testimonianza che la chiesa è stata usata in epoche diverse. La grotta è situata alle pendici settentrionali del colle Metapiccola e si affaccia sulla Cava Ruccia. La grotta, scavata artificialmenteo, è composta da due ambienti principali, comunicanti tra loro ed ha due ingressi. Il nome deriva da un grande crocifisso dipinto in una delle sue pareti. La datazione è incerta e in epoche diverse, ha subito vari interventi. Dal portale (1764) si accede all'interno, dove si conservano delle pitture, che malgrado il cattivo stato di conservazione, sono tra le più importanti della Sicilia e anch'esse risalenti a periodi diversi. La grotta, cominciò ad essere abitata nell XII secolo, ed a questo periodo, sembrano appartenere alcune tracce di affreschi, disposte su vari ordini con Scene del Giudizio Universale. Del XIII secolo sono invece gli affreschi della Crocifissione e il Cristo Pantocrator. La Crocifissione è purtroppo, mal ridotta e si vede solo il Cristo e la Vergine. Il Pantocrator è seduto sul trono con accanto quattro cherubini e presenta caratteristiche iconografiche simili a quello raffigurato nel duomo di cefalù (periodo normanno). Vi sono inoltre, pannelli raffiguranti diversi santi: Santa Elisabetta, la Mater Domini, San Leonardo, San Giovanni Battista e un Santo vescovo. Del XIV - XVII secolo sono le rappresentazioni di altri santi. Adesso la chiesa è stata ripolita e parzialmente restaurata a cura del FAI. Il Cristo Pantocratore, (dal greco, vuol dire letteralmente 'signore di ogni cosa, onnipotente') è una raffigurazione di Gesù in gloria, tipica dell'arte romanica e bizantina, soprattutto presente nei mosaici e negli affreschi. Egli è ritratto in atteggiamento maestoso e severo, vestito di porpora e seduto come giudice, su un trono prezioso. Con la mano destra è nell'atto di benedire con le tre dita alzate, secondo l'uso in seguito rimasto nella chiesa ortodossa. Nell'altra mano tiene il Vangelo, che può essere chiuso o aperto. Generalmente la figura è limitata al solo busto. La grotta san Mauro, si trova nel versante sud-est del colle S.Mauro, ed è composta da tre ambienti: La Sala (circa m. 7.50 x 7.00), l'abside e l'altare. La parte principale, con un soffitto a volta ribassata (a botte), è una chiesa. La chiesa di San Mauro probabilmente è stata un insediamento monastico benedettino. Parte della grotta è affrescata e tutti i dipinti sembrano appartenere allo stesso periodo. Nella parte di sinistra si trovano una serie di affreschi bizantini risalenti al XVI secolo. Un altro dipinto sembra rappresentare una Natività, con le figure di S Giuseppe e la Madonna e attorno angeli cantori e musici. Due pannelli di discrete dimensioni, raffigurano S. Benedetto e S. Mauro Abate. Probabilmente, da questo dipinto, deriva il nome dato sia alla grotta, che alla vallata circostante. Gli affreschi, per incuria, sono oggi molto deteriorati ed avrebbero bisogno di urgenti restauri. Nelle vicinanze, nella parte opposta della valle, troviamo anche la Chiesa di Sant'Andrea, della solitudine, che probabilmente veniva usata dagli eremiti. La chiesa ha un'ambiente a pianta rettangolare ed è formata da una navata con volta a botte con affreschi nella parte absidale. Vi è anche un altro ambiente attiguo di dimensioni più piccole. Sempre nella stessa parte della valle, in una terrazza a mezza costa, ci sono i resti di un oratorio, probabilmente del XIII secolo, detto del Cristo Biondo. L'oratorio, che probabilmente, faceva parte di un quartiere rupestre medioevale, contiene molti affreschi (il nome deriva da un dipinto contenuto nell'abside, nel quale il "Cristo Benedicente" ha i capelli biondi). In fondo alla valle s. Mauro, a Nord di Carlentini, quasi al limite del centro abitato di Lentini, troviamo la chiesa di S Giuliano lo Spedaliere, una grotta scavata nella parete rocciosa di Cava Ruccia con ingresso rifinito con un'opera in muratura. La chiesa, pur di notevole interesse, è però sprovvista di dipinti. Nelle vicinanze si trova anche l'Oratorio di S.Lucia al Tirone, una grotta usata come luogo di culto, con affreschi del XIV secolo. Sempre nelle vicinanze, sul colle S.Mauro, sopra la vecchia Leontinoi, si trova la chiesa rupestre di S. Giuseppe il Giusto. La chiesa di epoca medioevale, apparteneva ad un ordine monastico e probabolmente era di proprietà dei Francescani. La chiesa fu consacrata al "Padre Giusto" (San Giuseppe), e ci sono alcune leggende che fanno risalire la sua fondazione addirittura al tempo dei templari. La facciata di questa chiesa è in stile settecentesco. Oggi versa in uno stato di incuria. La sua pianta è di forma quadrangolare. La chiesa è delimitata da due grandi pilastri con al centro il portale d'accesso e una piccola finestra rotonda. Alla destra della chiesa doveva esserci probabilmente un altro ambiente, di cui rimangono solo le mura perimetrali. All'interno si possono scorgere alcuni resti della pavimentazione,l'altare in pietra, e gli affreschi delle pareti, alcuni del 400-500 (periodo della sua fondazione) ed altri del 600-700. Nei monti a sud di Carlentini e nelle vicinanze di Pedagaggi ci sono i resti di oratori bizantini del Monte Santa Venera, Fiumara Grande, Favara ecc...). In territorio di Carlentini, in località Paceca, si trova anche la necropoli di Cugno Carrubba, che è caratterizzata dalla presenza di alcune tombe a sepolcro arcato (arcosolio) e da altre tombe, che possono essere ricondotte, come epoca, alla prima età del bronzo. Chiesa del Crocifisso - Affreschi restaurati parzialmente Necropoli di cugno Carrubba |
La DOMINAZIONE DEGLI ARABI, NORMANNI, SVEVI, ANGIOINI e ARAGONESIArabi in Sicilia Duello tra cristiani e arabi In agricoltura, ad esempio, furono affiancate alla tradizionale cultura del grano, nuove coltivazioni. Furono gli arabi, a portare in Sicilia, la coltivazione degli gli agrumi, di nuovi tipi di frutta come pesca, albicocca, ortaggi, asparagi e carciofi. Altre coltivazioni che introdussero, furono il carrubo, il riso, il pistacchio, le melanzane e il cotone. Importarono in Sicilia il gelsomino (per i profumi), e le spezie: zafferano, garofano, cannella e zenzero. Ci insegnarono a produrre vari tipi di pane, le paste, i dolci, il sorbetto e il torrone con le mandorle. Portarono importanti innovazioni nei sistemi di irrigazione e nella pesca. Introdussero la produzione della seta e ci insegnarono a sfruttare le miniere, in particolare quelle di zolfo. La Sicilia, sotto la dominazione Araba, visse un periodo irrequieto, ma di relativo benessere e acquisì una parte importante della loro cultura. Pochi, però si convertirono alla religione Musulmana, malgrado tutti gli sforzi fatti dai nuovi conquistatori. I siciliani, impararono molto dagli Arabi, ma nonostante ciò, li videro sempre come nemici, infatti nei secoli successivi, la lotta vittoriosa contro i Saraceni (dal nome di una loro tribù) fu il tema preferito nelle opere dei pupi e nelle popolari pitture che ornano i carretti siciliani. Verso la meta' dell'XI secolo la Sicilia fu conquistata dai Normanni, che dominaroro dal 1061 al 1198. Fra i diversi gruppi dei Normanni si distinse la famiglia degli Altavilla, con Ruggero di Altavilla, a cui succedette il figlio Ruggero II, che riorganizzò l'isola, ne fece il centro della potenza mediterranea dei normanni e le diede prosperità, tolleranza religiosa a conciliò la cultura araba con quella cristiana. A lui successe la figlia Costanza, che sposò Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa. Nel 1190 Enrico VI alla morte del padre, divenne imperatore del Sacro Impero Germanico e Re di Sicilia. Con lui ebbe inizio il periodo svevo (1194-1266). Alla sua morte assunse la reggenza la Regina Costanza, ma poco dopo morì anche lei. Le succedette il figlio Federico II, con il quale l'isola divenne uno Stato ben organizzato e tollerante nei rapporti etnici e religiosi. Dopo alterne vicende, divenne Re di Sicilia Carlo I d'Angiò, che governò dispoticamente, e segnò la decadenza della Sicilia. Il periodo angioino (1266-1282) durò poco. La tirannia dei francesi, provocarono la guerra dei "Vespri siciliani" (1282), che si concluse con l'intervento di Pietro d'Aragona, che aveva sposato Costanza, una figlia di Manfredi e avanzava pertanto diritti sul Regno di Sicilia. La guerra durò 20 anni e nel 1302, la Sicilia venne affidata agli Aragonesi (1282-1516). Tutte queste dominazioni, hanno influenzato in modo sostanziale la storia e la cultura, gli usi ed i costumi del popolo Siciliano, quindi anche quella della nostra zona. Il centro politico della Sicilia, si era nel frattempo spostato verso occidente e Palermo era diventata la capitale e Siracusa aveva perso parte della sua storica importanza, infatti le maggiori testimonianze di quest'epoca, si trovano nella Sicilia orientale. Non vi furono in quegli anni particolari eventi che interessarono il nostro territorio ed il suo sviluppo e la sua cultura seguirono un percorso tendenzialmente uguale a quello di tutto il resto della Sicilia. |
LA FONDAZIONE DI CARLENTINICarlo V Pianta mure urbiche di Carlentini Pianta di Tiburcio Spannocchi del 1578 Pianta del 1720 Carlentini Torrione Nord prima del restauro Carlo V, nelle cui vene scorreva il sangue delle maggiori casate europee, fu una delle figure più importanti della storia dell'Europa ed imperatore del Sacro Romano Impero. Grazie alla sua discendenza ed ai suoi Avi e alla politica di matrimoni combinati ed eredità portata avanti sopratutto da suo nonno Massimiliano I d'Austria, l'Imperatore aveva ereditato un impero vastissimo, (esteso in Europa, Africa e America) tanto che, sembra avesse affermato che sul suo regno non tramontava mai il sole. Carlo V eredita, tra l'altro, da Ferdinando d'Aragona (suo nonno), il regno di Sicilia, Napoli e Sardegna. L'imperatore, dovette però, difendere il suo regno da molti nemici, tra i quali Solimano, Imperatore di Costantinopoli, con il quale entrò in guerra. La Sicilia era una delle parti dell'impero di Carlo V, più vicina e più facilmente raggiungibile dalle truppe dell'imperatore turco e quindi era oggetto di continue incursioni islamiche, che arrivavano dal mare. In particolare nella Sicilia orientale queste incursioni erano frequenti e molto pericolose, sopratutto c'era il pericolo che oltre ai continui saccheggi sulla fascia costiera, le invasioni si propagassero verso l'entroterra, segnando l'inizio della conquista delle terre di Sicilia, da parte del nemico. Nella Sicilia orientale, oltre le città costiere, le incursioni turche mettevano in pericolo sopratutto la città di Lentini, primo baluardo nell'entroterra, ai limiti della piana di Catania. Le fortificazioni di Lentini, erano deboli e decadenti a causa di vari eventi, tra i quali il terremoto del 1542, che aveva distrutto in parte la città e le sue fortificazioni. Inoltre la città, anche per le caratteristiche geofisiche del terreno, era poco difendibile ed il vicino pantano rendeva l'aria poco salubre, causando spesso malattie nella popolazione. Per proteggere la parte centro orientale dell'isola, furono studiate varie soluzioni, tra queste fu predisposto ed approvato un progetto, che prevedeva la costruzione di una fortezza in un punto strategico. Come sito, fu scelto il colle meta, a pochi chilometri dal mare e che delimitava la piana di Catania. Il colle aveva la forma di un altipiano, col le falde abbastanza scoscese. La forma pianeggiante della sommità, lo rendeva facilmente edificabile e i fianchi con pendenze ripide, facilmente difendibile, sopratutto se delimitate da possenti mura. Dalla sua sommità si dominava la pianura fino al mare. Con un obiettivo strategico-militare, nel 1551, nasce così, per ordine di Carlo V, con il privilegio di Città e gli epiteti di CESAREA e di INESPUGNABILE questa città-fortezza. Il piano prevedeva anche che essa costituisse una seconda linea di contenimento in caso di superamento delle difese costiere da parte di un'armata nemica e che in essa si dovevano concentrare le truppe di rinforzo alle marine di Catania, Augusta e Siracusa e di trasferirvi in caso di pericolo gli abitanti di Lentini. Vicerè di Sicilia era allora Giovanni De Vega, che se ne occupò in prima persona. CARLENTINI LA CITTÀ FORTEZZALa nuova città di Carlentini, fu progettata come una piazzaforte inespugnabile. Il suo progetto, non obbedì alla logica delle perfette forme geometriche, proposte da molti teorici e ingegneri militari dell'epoca, sulla costruzione di una nuova città. Il tracciato della cinta muraria, ma si adegua invece alla morfologia dei luoghi. Si rifà quindi alla tradizione classica, ispirandosi al principio, che nessuno spazio libero e utile, doveva essere lasciato al nemico. Una documentazione storica, ci fornisce qualche notizia sulle prime attività di fondazione e sul progetto originario dell'impianto urbano. Nel 1550 il conservatore del regio Patrimonio Andrea Arduino, accompagnato dall'ingegnere Pietro Prado, si recò, sul colle Meta "et fece stabilire le strade cioè, le doe maestrea quaranta palmi larghe l'una (10 m.) et le contrastrade a palmi 28 (7 m.), et se fece opera che alconi citadini donaro principio et piglaro loco in detta nova habitacione et se tiene per certo che per esser' de aer' saluberrimo, d'esitu fortissima et accompagnata de molti altri boni parti, presto venerà a popularsi, ... et non si aspetta altro che darsi principio alla moraglia de la fortificatione la quale vostra eccellencia potrà fari incomenzari". Il progetto del Prado, manifesta, una profonda differenza culturale, forse anche dovuta ai tempi di realizzazione, tra le fortificazioni murarie e l'impianto urbano. La planimetria della città è caratterizzata dalla assoluta regolarità geometrica della rete viaria, con il rispetto rigoroso del principio della perpendicolarità, ma è discordante dall'andamento delle mura, che però non condiziona in nessun modo. Ad eccezione della sola porta di Lentini, che era collocata in asse con la strada principale, nessun'altra delle porte urbiche si relaziona con il tessuto viario. Nella pianta della città, redatta dal senese Tiburcio Spannocchi nel 1578, possiamo vedere oltre il tracciato delle mura, le porte: la Porta di Lentini (con le torri e i fortilizi), di Agnone, Siracusa, la Porta Augusta e ad est la Porta Canale. Alcune di queste porte, probabilmente non furono mai realizzate. Nella pianta si individuano anche la piazza con la Chiesa Matrice e il largo del mercato circondato da logge. Oggi rimangono alcuni elementi significativi della cinta muraria e i tre torrioni circolari a nord, nei pressi di piazza Malta. Esistevano altre torri quadrate presso le porte, La più grande era tra le porte Siracusa e Augusta (ci sono alcuni ruderi nascosti dalle abitazioni). Di alcune porte, oggi resta solo il ricordo nel nome delle vie (via Porta Siracusa, via di Porta Agnone). Per dare una caratteristica più monumentale alla piazza principale, che era il fulcro dell'impianto urbano, l'ingegnere Prado fece costruire la cosiddetta fiera di San Matteo, una più piccola piazza quadrata, come appendice, destinata al mercato, nella quale vennero realizzate logge in legname. La difficoltà di coniugare la maglia urbana della città con il perimetro irregolare delle sue mura, condizionato dalla conformazione del terreno della collina, si evince dalla pianta disegnata dallo Spannocchi. La pianta ed altri disegni e studi era stata commissionata dall'allora vicerè di Sicilia Marc'Antonio Colonna e che è stata inserita nel volume Descripcion de las marinas de todo el Reino de Sicilia del 1578. In questa planimetria della città, possiamo notare che gli isolati perimetrali del nuovo impianto sono a debita distanza dalle mura o per i quali, in altri casi, la forma non viene neppure delineata. Per evitare la monotonia del reticolo urbano, furono realizzate variazioni di forma e dimensioni, con cassoni quadrati o rettangolari più o meno allungati. Essendo stata progettata come una piazza d'armi, la piazza principale era molto più grande di quella attuale che in epoche successive è stata parzialmente occupata da altri edifici. Nel Libro, suddetto, oltre al testo italiano, sono presenti anche una serie di annotazioni in Castigliano, sulle città della fascia costiere (divisa in sessantasei marine) e anche su Carlentini. Altre annotazioni si trovano negli appunti di Camiliani che riprese e completò il lavoro dello Spannocchi 5-6 anni dopo (1583-1584). Alla città fu dato il nome di "Lentini di Carlo" (in onore del sovrano che la fece costruire) ed il progetto fu affidato all'ingegnere militare Pietro di Prato. Sembra che il Prato abbia utilizzato, per progettare la città, la descrizione con cui Polibio documentava l'accampamento di un esercito consolare romano di due legioni. |
LE MURA URBICHE DI CARLENTINIMura a nord Torrione Nord-est Fortificazioni spagnole lato nord Mura lato est Pochi mesi dopo l'inizio dei lavori, nel giugno del 1551 Sinan Bassà, comandante della flotta ottomana, con 150 galee, assale la vicina città di Augusta, la conquista e la saccheggia. Gli abitanti fuggono verso l'entroterra per sfuggire ai conquistatori e cercare rifugio. Questo fatto convince ancor più il De Vega della gravità della situazione e lo spinge ad accelerare la realizzazione delle fortificazioni sul colle Meta. Il vicerè De Vega, inoltre in modo molto lungimirante, ravvisa la necessità che il nuovo sito sia costantemente popolato, poichè altrimenti, passato il pericolo delle incursioni saracene, sarebbe stato abbandonato. Per raggiungere lo scopo, il De Vega, con un atto del 31 agosto 1551, redatto a Messina, fa grandi concessioni di suolo, di privilegi e di esenzioni a chi si stabilisce nella fortezza. Quindi molte persone vengono attratte nella città di Carlo e vi si stabiliscono. La costruzione di una città, costituì anche una opportunità di lavoro per molti operai, che quindi si trasferirono, sopratutto dalle città vicine per prendere parte alla costruzione delle fortificazioni. Tutte queste persone, in parte provenienti dalla vicina Lentini, costituiscono il primo nucleo abitativo della futura popolazione della "Lentini di Carlo", che successivamente si chiamerà "Carlentini". Successivamente, per tacitare le lamentele delle città vicine e di quanti avevano visto fuggire a Carlentini i loro debitori il Vicerè De Vega, con una lettera datata in Messina 12 dicembre 1551 diede conferma dei privilegi. Il 12 dicembre del 1551 viene deciso di trasferire a Carlentini, la fiera che si svolgeva tradizionalmente ad aprile nella piazza di Lentini. Lo scopo era quello di utilizzare il fitto delle logge per la costruzione della Chiesa Madre di Carlentini. Lentini, però si oppone a questa decisione e lo spostamento si farà solo nell'aprile del 1553. Nel 1559 Lentini, però riesce a riottenere il ritorno nella propria piazza della Fiera, pagando 450 scudi per la costruzione della Chiesa Madre, cedendo il fitto di dodici logge per i lavori stessi e cedendo altri loggioni a vantaggio dei cittadini carlentinesi. Nel frattempo, la città si era popolata ed aveva raggiunto un numero considerevole di abitanti. Con alterne vicissitudini, intanto proseguivano i lavori di fortificazione del nuovo sito. Nella porta Lentini, detta anche Porta Reale, situata nella parte nord, fu murata una lapide, con la seguente iscrizione: D.O.M. Carolus
austriacus quintus hic condidit urbem et celsam fecit sumptibus ipse suis Anno Domini 1556 inditionis XIV Questa lapide, fu quasi completamente distrutta, a causa del terremoto del 1693 e ne rimangono solo alcuni frammenti. A questo punto, occorre fare una precisazione sulle Mura urbiche di Carlo V, l'opera che doveva costituire la caratteristica principale della città - fortezza. A seguito delle alterne vicende storiche, ed in base alla documentazione esistente, si può affermare che queste non furono mai completamente costruite. Secondo alcune fonti storiche, supportate da documenti e cartografie, furono completate, ma probabilmente, mai in tutta l'estensione del perimetro e molte parti delle mura, furono edificate in maniera approssimativa e non conforme ai progetti originali. Nel tempo, dopo il sec. XVIII, inoltre le mura avevano perso la funzione difensiva e di conseguenza, al posto di queste, fu privilegiata la costruzioni di abitazioni e l'assetto viario. Nel tempo, alcune parti, sono state inglobate in edifici costruiti successivamente, altre distrutte e di altre non si hanno tracce. Oggi, ne rimangono alcuni tratti e tre torrioni circolari sul lato nord. Neanche delle porte di accesso alla città vi sono più tracce visibili. |
IL PRIMO SECOLO DI VITA DI CARLENTINITorrione Nel 1561 la città viene distrutta da un terribile incendio, che distrugge gli edifici pubblici e molte abitazioni private. Molti cittadini, presi dallo sconforto, pensarono di andare via. La Corte però, per scongiurare lo spopolamento della città, interviene in modo tempestivo e concede gratuitamente nuove case e stanzia 200 onze per ultimare i lavori di costruzione della chiesa. L'ultimazione della chiesa, si rendeva tra le altre cose necessaria, perchè non era solo luogo di culto, ma in essa venivano seppelliti i cadaveri e a causa dell'incendio, ve ne erano molti. Sospinto da questi nuovi incentivi, lo sviluppo di Carlentini, riprese slancio e vigore. Negli anni successivi, nel regno, si succedettero diversi eventi storici che ovviamente, si ripercossero anche sulla città. Queste fasi altalenanti, culminarono con una profonda crisi economica. Re di Spagna e del regno delle due Sicilie era divenuto frattanto Filippo IV di Spagna, che per fare fronte a questa crisi, dovette vendere alcune città e fortezze a Nobili e Signori, che erano disposti ad acquistarle sborsando grandi quantità di danaro. Anche Carlentini, segui questa sorte. Nel 1630, la città viene venduta dal Vicerè Francesco Fernandez de la Cueva, per 12.425 onze a Nicolò Placido Branciforte Lanza, conte di Raccuia e principe di Leonforte. Nell'atto l'acquirente si impegnava a completare le opere di fortificazione della città entro dieci anni. La vendita generò un pò di fermento nella popolazione ed infatti il Branciforte inviò in città, un suo amministratore di fiducia, Orazio Strozzi, accompagnato dai suoi soldati e nominò procuratore il Dottor Pietro Guastella. Malgrado le aspettative, in quegli anni, la città fu amministrata saggiamente e si registrò un certo progresso sociale. Fu favorita l'espansione edilizia, si cominciarono ad abbellire alcuni luoghi sacri, quindi gli operai poterono lavorare e alcune famiglie nobili vennero a stabilirsi a Carlentini. Solo 3 anni dopo, nel 1633, il dottor Pietro Guastella, propose il riscatto della città al Vicerè Ferdinando Afan de Ribera duca di Alcalà. L'operazione venne accettata, anche grazie al consenso dello stesso Governo ed il 27 gennaio 1634 fu restituita al Branciforte la stessa cifra che aveva versato. Alfonzo I Longosserano prese quindi possesso della città, per conto del Re. |
CARLENTINI XVII e XVIII SECOLOChiesa e statua di San Sebastiano Piazza Crispi e Convento dei Carmelitani A scanso di equivoci, è opportuno ricordare che, con Vallo di Noto, in quell'epoca, si intendeva quella circoscrizione amministrativa, che comprendeva la gran parte della Sicilia Sud Orientale. Senza questa premessa, risulterebbe difficile capire come parlando di Val di Noto, si fa riferimento a città anche lontane da Noto. Anche Carlentini fu colpita, e secondo alcuni storici ci furono da 100 a 1000 morti. Ma probabilmente furono molti di meno, perchè nei registri parrocchiali risultano per l'anno 1693 solo 91 morti, e solo una parte causata dal terremoto. La città era infatti abbastanza giovane e i suoi edifici, di recente costruzione, resistettero meglio alla forza del sisma, quindi rispetto ad altre città i danni furono relativamente minori, sebbene furono distrutte case, chiese, le torri ed altri edifici. Inoltre gli abitanti erano ancora pochi e quindi vi furono relativamente pochi morti. Per questi motivi, Carlentini fu una delle prime città ad essere ricostruita e questo, richiamò tanta gente dai centri vicini ancora danneggiati dal sisma, sopratutto da Lentini, ancora semidistrutta. La città viene ricostruita con una struttura viaria rigorosamente a scacchiera ortogonale, in parte riprogettata poichè l'impianto precedente, voluto dall'Imperatore Carlo V d'Asburgo, era stato parzialmente danneggiato dal terremoto. Struttura viaria che è rimasta quasi immutata fino ad oggi, anche se sono stati occupati alcuni spazi, adiacenti le mura, che prima erano liberi. Anche la grande piazza d'armi è stata in parte occupata, come si può notare confrontando la pianta dello Spannocchi con una attuale. Furono ricostruite le carceri (1705), venne anche completata, dopo molti anni, la chiesa madre, iniziata nel 1551, infatti molti sono gli stili in essa presenti (barocco, neoclassico e liberty). La Chiesa ha tre navate sostenute al centro da due file di colonne di stile neoclassico. Le pareti delle navate laterali, sono di stile barocco. La torre campanaria fu completata solo nel 1933 ed è alta 33 metri. La cuspide è rivestita con ceramiche di Caltagirone. Dopo il terremoto del 1693, fu ricostruita anche la piccola chiesa di San Sebastiano che è stata ristrutturata dopo il terremoto del 1990. La chiesa è ad un'unica navata, sopra l'Altare Maggiore, vi è una cappella che conserva il simulacro di San Sebastiano, che risale agli inizi del 700. Nelle pareti laterali due altari dedicati, quello di sinistra a San Giuseppe Giusto quello di destra a San Biagio. Nei primi anni del 700 viene ricostruita anche La Chiesa di Santa Maria del Carmine, con l'annesso Convento dei Carmelitani. Il complesso è prospiciente la Piazza Francesco Crispi e la Chiesa è consacrata anche a "Santa Maria degli Angeli". La facciata della Chiesa ha due imponenti pilastri in laterizio che sorreggono la parte superiore. Al centro un portale ad arco con due colonne che sorreggono un arcata decorata da bassorilievi, sormontata da un elegante timpano spezzato. Sopra una finestra. Adiacente alla facciata, c'è un massiccio campanile rivestito con laterizi, la parte superiore è rifinita con merlature rinascimentali. Il Convento ha uno stile molto semplice, con pochi elementi decorativi. La Chiesa è ad una sola Navata decorata in stile barocco. L'Altare Maggiore è in marmo policromo. Ai lati vi sono diversi altari. All'interno di essa, ci sono diverse opere d'arte, tra cui un Crocifisso ligneo. Il portale cinquecentesco della Chiesa, ha un altorilievo che raffigura San Francesco d'Assisi e San Bernardino da Norcia. la chiesa contiene anche un Organo a canne settecentesco, proveniente dalla chiesa Madre di Carlentini L'interno del Convento ha un chiosco centrale. Il monastero cadde per molto tempo in disuso. Nel 1868 fu requisito dallo stato, in base ad una legge sui beni ecclesiastici e la chiesa fu riaperta al culto solo nel 1946, con l'arrivo di alcuni frati Carmelitani. Il convento, fu adibito a scuole elementari e una parte a Caserma dei Carabinieri. Il terremoto del 1990 lo danneggiò nuovamente ed adesso è stato restaurato. Nel 1714 la città aveva raggiunto una discreta espansione e aveva circa 900 case e 3300 abitanti. |
VILLA MARIA LUISA ED IL PALAZZO DEL BARONE RISOPalazzo Barone Riso (a destra) e dependances (a sinistra), lato di via Marconi. Veduta da Est. Villa Maria Luisa, angolo Via Marconi, via Saffi Villa Maria Luisa, lato di via Saffi Villa Maria Luisa, lato di via Saffi Palazzo del Barone Riso lato via Marconi (ex via Riso) Chiesa di Roccadia Il terremoto del 1693, si era abbattuto anche sul vasto feudo di Roccadia ed aveva distrutto il convento di Roccadia, con l'antica abbazia che conteneva l'immagine di "Santa Maria di Roccadia", che fortunatamente si salvò e oggi si trova nell'attuale chiesa. I monaci si trasferirono quindi a Carlentini dove comprarono i ruderi del Monastero della Concezione e vi fabbricarono il nuovo convento. Fra i personaggi illustri che vissero a Carlentini, si deve ricordare Giovanni Riso, barone di Colobria. Nel 1836 il Principe di Palagonia, acquista il vastissimo feudo Murgo, che si estende dalle porte di Carlentini, fino al mare. Nel 1874, il nipote Barone Giovanni Riso ristruttura il convento di Roccadia, lo trasforma in un palazzo nobiliare, ne fa la propria residenza e si trasferisce a Carlentini. Il palazzo era maestoso e sfarzoso, e il complesso occupava l'area racchiusa tra quelle che oggi sono via Guglielmo Marconi (allora era chiamata via Riso), via Giuseppe Mazzini, via Saffi e via XX Settembre. La parte edificata si estendeva principalmente sui due lati prospicienti via XX Settembre e via Riso. Gli arredi, sopratutto nella parte padronale, erano ricchi ed in ogni caso adatti ad un palazzo nobiliare. Annesso al Palazzo e parte integrante di esso, vi era un ampio parco, che era stato chiamato Villa Maria Luisa, in onore della figlia del Barone, e spesso con questo nome si identificava l'intero palazzo. Il palazzo aveva diversi ingressi, quello principale era in via Riso. L'altro ingresso importante, sopratutto dedicato alle carrozze, era dalla parte opposta, nella odierna Via Mazzini, proprio di fronte alla principale via di accesso al paese dal lato nord, quella che fino a qualche tempo fa era chiamata la salita del Palermitano, oggi via del Leone. Entrando, da questo ingresso, si accedeva ad un grande spiazzo. Un grande mosaico di pietra ricopriva la parte centrale dello spiazzo. Di fronte c'era la facciata interna del palazzo. A destra c'era l'altra ala importante del palazzo. All'angolo sulla destra, c'era una grande voliera che conteneva diverse varietà di volatili. A sinistra, un'altra piccola ala e un giardino con alberi, piante, una piccola grotta e un ruscelletto artificiale. La parte ad Est era chiusa in parte con un muro in pietra ed in parte con un'alta cancellata, (visibile in alcune vecchie foto) che consentiva di ammirare il paesaggio della piana di Catania fino al mare. Sempre a sinistra verso nord un edificio che si vede in una foto, con croce sopra, che però non ricordo bene e sul quale non ho trovato documentazione. Un tunnel sotterraneo, dall'interno del palazzo, conduceva alla vicina campagna, oltre le mura urbiche sotto via Saffi. Anche qui vi erano alcune dependances, delle quali fino a qualche anno fa si vedevano i resti, anche questi ormai distrutti dall'ultimo lungimirante restauno delle fantomatiche mura urbiche. Nei fabbricati di fronte via Marconi, vi erano le dependances del palazzo (cucine, scuderie ecc...). Il Barone, morì a Palermo nel 1901. I possedimenti che si estendevano fino ad Agnone, passarono nelle mani della figlia Maria Luisa prima ed alla morte di questa, al secondo figlio del Barone, Mimì, avuto in un matrimonio successivo. Alla morte di quest'ultimo, a causa di problemi economici, il Palazzo Riso e i terreni annessi vengono venduti al Cavalier Arcidiacono e successivamente smembrati. Il pregevole palazzo del Barone Riso, chiamato anche Villa Maria Luisa, il più importante, edificio che Carlentini abbia mai avuto, fino agli anni sessanta, conservava in parte il suo splendore, anche se era stato praticamente spogliato da gran parte degli arredi interni. Nei primi anni sessanta vi erano state installate le scuole medie e l'avviamento professionale e l'ampio spazio esterno veniva usato per fare sport nell'ora di educazione fisica. Poi la lungimiranza degli amministratori Carlentinesi e la speculazione edilizia, smembrarono e distrussero l'intero complesso. Oggi rimane solo l'angolo, tra via Marconi e via XX settembre, dove c'è la chiesetta di Roccaddia, ed alcuni piccoli pezzi della copertura di una parte dell'ala ovest. Di fronte al palazzo, nella parte di via Marconi vi erano le dependances della villa. Anche queste hanno subito la stessa sorte dell'edificio principale e sebbene modificato, dall'originale, rimane solo l'angolo, di fronte alla chiesa. Stessa fine ha fatto il palazzo dall'altro lato di via XX Settembre, che aveva l'ingresso principale in via Mazzini, (anche questo negli anni 60 era stato usato come scuola). Quasi tutti gli altri palazzi del paese, hanno subito la stessa sorte. La chiesetta, ha una facciata esterna, molto semplice, con la parete in rilievo di intonaco, secondo lo stile bugnato, è divisa in due ordini da un cornicione. Il semplice portale d'accesso è sormontato da un arco con a centro una piccola Croce. Nella parte laterale (via XX Settembre), vi è un'altra porta, con caratteristiche simili a quella principale e due finestre rettangolari, una delle quali è murata. La parte superiore ha le finestre come al piano terraneo. L'interno presenta un unica navata, costruita con una stupenda volta "a botte" formata da piccoli e pregevoli quadretti raffiguranti le "Stazioni della Via Crucis". Ai Lati, due Altari con tele del 700. Quella (a sinistra) raffigura la "Sacra Famiglia" con i "Santi Anna e Gioacchino", l'altra (a destra) raffigura "San Filippo Neri". La chiesa contiene anche un Organo a canne del 700 di pregevole fattura, ma di autore sconosciuto. L'Altare Maggiore settecentesco, è in marmo policromo. Sopra è posta l'Icona della "Madonna di Roccadia". L'icona raffigura la Madonna che con la mano destra tiene un melograno mentre con la sinistra sorregge Gesù giovanissimo. |
CARLENTINI NEL XIX SECOLOVia Roma e chiesa Madre Famiglia dell'800 Dopo moltissimi anni di rivendicazioni e fasi alterne, il 15 gennaio del 1857, dopo 3 secoli dalla sua fondazione, Carlentini, ottenne finalmente un proprio territorio, che fu staccato da quello di Lentini, con un criterio proporzionale rispetto alla popolazione. Carlentini ebbe così la piena indipendenza economica ed amministrativa. Il fatto suscitò, come era ovvio aspettarsi molte proteste e rimostranze dei cittadini di Lentini ed innescò una rivalità campanilistica con strascichi che durarono per molto tempo. Il nuovo territorio, comprendeva anche l'ex casale feudale di Pedagaggi, che così divenne frazione di Carlentini. Nel 1836 venne costruito l'attuale camposanto, che da allora, ha subito due ampliamenti. Nel 1860 ci fu l'Unità d'Italia. L'evento che molte speranze aveva suscitato, sopratutto dal punto di vista patriottico, però non portò alle popolazioni siciliane e del meridione in generale i benefici sperati, anzi probabilmente ci fu un peggioramento delle condizioni di vita ed economiche, rispetto a quelle che si avevano precedentemente sotto il regno dei Borboni. Anche Carlentini subì quindi il destino del resto del meridione d'Italia e sopratutto si verificò un incremento della disoccupazione e della povertà. Nel 1862 fu aperta la scuola elementare. Nel 1872 fu istituita la scuola serale. Negli anni successivi, la vita della città fu caratterizzata da dispute, che si crearono tra i componenti della classe borghese dell'epoca. Le famiglie più illustri del paese, si scontrano per assicurarsi l'egemonia sul territorio. I principali contendenti furono gli Scavonetto, i Ferrarotto, i Beneventano, i Modica ed i Matarazzo. Le ultime due, sopratutto divisero politicamente il paese in due fazioni rivali. La cosa degenerò al punto che, la sera del 7 gennaio 1903 furono entrambe coinvolte in un delitto. Il cav. Carlo Modica venne ucciso con due colpi di pistola e dell'omicidio fu accusato il dott. Matarazzo. Nella seconda metà dell'ottocento e nel primo decennio del novecento, la città ebbe una notevole fase di sviluppo, vennero costruite molte opere pubbliche: scuole, rete idrica, rete fognaria e rete elettrica. Gli abitanti aumentarono e ci fu l'esigenza di costruire nuove abitazioni, quindi sorsero nuovi quartieri e la città dovette espandersi anche al di fuori delle vecchie mura urbiche cinquecentesche. |
LA CHIESA MADREChiesa Madre La chiesa principale "Ecclesia Maior S. Mariae"in origine, quasi sicuramente, si affacciava sulla piazza e da qui aveva l'ingresso principale, come sembra sia stato accertato durante i lavori di ristrutturazione in seguito al terremoto del 1990. In fase di rifacimento del pavimento, è stato scoperto quello che è sembrato l'ingresso originale della chiesa preesistente. Ufficialmente non si hanno notizie e per ultimare i lavori, tutto è stato ricoperto. Mi preme notare che i lavori erano curati dalla sivrintendenza ai monumenti della provincia di Siracusa, che avrebbe dovuto avere un comportamento senz'altro diverso e valorizzare quanto era stato scoperto, essendo l'ente preposto alla conservazione e valorizzazione dei beni culturali. Ma come si dice in Sicilia? 'U re corna nun ni fa'. Esistono però alcune foto e diverse testimonianze, che provano tutto questo, anche se non sono mai state rese pubbliche. Per il suo completamento furono impiegati diversi anni, motivo per cui vi si trovano diversi stili barocco, neoclassico e liberty. Sul prospetto vi erano oltre allo stemma della città, quello del vicerè Giovanni De Vega e quello dell'imperatore Carlo V, che oggi si può ammirare all'interno, nella cappella dedicata a Santa Lucia. La chiesa fu distrutta dal terremoto del 1693 i lavori di ricostruzione iniziarono alcuni anni dopo. Il prospetto esterno fu completato nel 1913. La chiesa ha tre navate sostenute da due file di colonne. Le pareti delle navate laterali sono di stile barocco e le colonne della navata centrale di stile neoclassico. La torre campanaria fu completata nel 1933 ed è alta circa 33 metri. Fu progettato negli anni trenta del 1900 dall'architetto canicattinese Giovanni Formica, che ebbe nel suo studio d'arte di Catania tra i suoi allievi l'ancora giovane Emilio Greco. La sua costruzione fu ultimata nel 1933 dai fratelli Antonio e Sebastiano Anzaldo. La cuspide è rivestita con ceramiche di Caltagirone. All'interno vi è un grande organo, donato dalla famiglia Matarazzo nel 1941. Precedentemente ve ne era uno più antico del 1742. All'interno, realizzato con marmi policromi, troviamo l'altare del Santissimo Sacramento costruito nel 1804 e decorato con affreschi di notevole pregio. Nella navata di sinistra vi sono in ordine: l'altare dedicato alla Madonna del Rosario, quello dedicato a San Giuseppe, quello dell'Addolorata e al Cristo morto, quello dedicato al sacro cuore, quello dedicato alla Madonna delle Grazie ed infine quello dedicato a Santa Rita e san Francesco d'Assisi. A destra dell'Abside la Cappella di Santa Lucia, Patrona della Città. Le decorazioni della cappella furono eseguite all'inizio del '900 a spese dei fratelli Luciano e Angelo Beneventano dei Baroni della Corte. Il cancello che delimita l'abside è in ferro battuto e risale al 1831. Nella Cappella vi sono decorazioni di pregio e lo stemma dell'imperatore Carlo V con il leone rampante emblema della Città di Carlentini. La pala d'altare raffigura Santa Lucia in ginocchio in atto di preghiera dinanzi alla Madonna Un'opera di pregevole fattura attribuibile al pittoree catanese Francesco Gramignani. Di particolare rilievo è il portale posto sulla parete di fondo, con ai lati due colonne sormontate da un timpano ondeggiante di stile barocco in cima al quale un'aquila regge lo Scudo di Carlo V, fondatore della città. All'interno della Cappella è custodito il Simulacro di Santa Lucia, opera artisticamente pregevole, ma della quale non si conoscono l'autore e l'anno di realizzazione. Possiamo solo affermare che esisteva già nel 1621, anno in cui la Santa fu proclamata patrona della città. La struttura è di legno, tela, colla e gesso e fu realizzata secondo la tecnica usata nel sei-settecento ed è interamente rivestita con lamine d'argento. Il drappeggio del vestito e la corona sono di un'epoca successiva e furono realizzati nel 1804 da Pietro Paolo Aversa. Il maestro argentiere Giovanni Albergo nel 1871 realizzo la scranna. Insieme al Simulacro di Santa Lucia, nella cappella, è custodito anche il Reliquiario. Un avambraccio d'argento, realizzato nel 1769 da Bartolomeo Calì, che custodisce un frammento osseo della Santa. Anche l'urna nella quale viene conservato il reliquiario, datata 1767 è d'argento.Nella navata di destra il primo altare è dedicato alla Crocifissione, seguono quello dell'Assunzione di Maria, quello dedicato a Sant'Antonio Abate, quello dedicato ai Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino e quello dedicato a San Francesco di Paola. Infine, chiude la navata di destra l'altare riservato alla Fonte Battesimale, vicino ad uno dei tre ingressi del prospetto principale. Vi è un'ulteriore ingresso laterale prospiciene la piazza Vittorio Veneto, dove si trova il monumento ai caduti. Nel grande motivo della navata centrale è raffigurata l'Immacolata, a cui è didacata la Chiesa, con la SS. Trinità e San Michele Arcangelo negli altri due la gloria di Santa Lucia e la pesca miracolosa. Nelle pareti del presbiterio, infine, altri due dipinti: il martirio di Santa Lucia e l'apparizione della Madonna di Lourdes. La chiesa ha subito il suo ultimo restauro dopo il terremoto del 1990, a seguito del quale aveva subito danneggiamenti. |
CARLENTINI NEL XX SECOLOCarlentini villa belvedere Carlentini villa belvedere Carlentini villa belvedere Carlentini villa belvedere Carlentini villa belvedere Carlentini Via Roma anno 1944 Carlentini Fiera di via Raffaello 1953 Chiesa Madre e Monumento ai Caduti Municipio Abbeveratoio in via dello stadio Carlentini abbeveratoio via dello stadio Antico acquedotto ristrutturato Carlentini terremoto 1990 Mosaici realizzati sotto le mura urbiche dopo il terremoto del 1990 Borgo Angelo Rizza Dalla parte opposta, ma non visibili dalla villa, ci sono ad ovest il colle Meta piccola ed a sud-ovest la maestosità del monte Pancali. Nel 1915, scoppiò la prima guerra mondiale e come il resto
dell'Italia, anche i Carlentinesi furono chiamati alle armi. La città
pagò un altissimo tributo di sangue, poichè molti dei suoi concittadini
perirono o furono gravemente feriti nei combattimenti.
Nella II guerra mondiale, che per diversi aspetti, fu molto
più cruenta della prima, anche perchè erano cambiati i tipi di
armamenti, Carlentini subì bombardamenti aerei e terrestri e ci furono
quindi, molti morti, anche tra la popolazione civile, oltre quelle dei soldati andati in guerra. Bisogna riconoscere che la popolazione di Carlentini, in tutte le sue componenti, ha avuto il merito in questa occasione, di essere coesa ed intraprendente ed ha saputo sfruttare bene la Legge 433 del 31-12-1991 ed a differenza di quasi tutti gli altri Comuni, ha completato la ricostruzione delle abitazioni colpite dal sisma. Forse, molto di più si sarebbe potuto fare sulle opere pubbliche e sulla viabilità, sopratutto sulle vie di fuga, da realizzare o ristrutturare, ma il risultato nel complesso, può considerarsi positivo. Purtroppo negli ultimi anni la situazione economica del nostro
paese e della Sicilia, si è aggravata e bisogna constatare che il
fenomeno dell'emigrazione dei nostri giovani è ripreso in maniera preoccupante. |